Le maree di Titano rivelano un oceano di acqua sotto la superficie ghiacciata

Sabato, 1 Settembre, 2012

I dati della sonda Cassini hanno permesso al gruppo di ricercatori italiani e americani dell’esperimento di radioscienza di rivelare la presenza di uno strato di acqua liquida sotto la superficie ghiacciata di Titano, il principale satellite di Saturno. La scoperta è stata possibile osservando le deformazioni cui è soggetto Titano lungo la sua orbita intorno a Saturno. Se Titano avesse una struttura interna  interamente rigida, l’attrazione gravitazionale di Saturno causerebbe rigonfiamenti – chiamati maree solide – non superiori a 1 metro di altezza. I dati di Cassini mostrano invece che tali deformazioni raggiungono un’altezza di 10 metri, una chiara indicazione che Titano non è costituito interamente di materiale solido come ghiaccio e rocce. Questa ricerca, pubblicata nell’ultimo numero della rivista Science, è stata condotta da un gruppo di ricercatori italiani e americani guidato da Luciano Iess, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale dell’Università “La Sapienza” di Roma, con la collaborazione di Marco Ducci e Paolo Racioppa (Sapienza) e di Paolo Tortora (Università di Bologna).

Sulla Terra, l’effetto combinato dell’attrazione della Luna e del Sole provoca il fenomeno delle maree, il ben noto innalzamento e abbassamento periodico della superficie marina. In oceano aperto queste maree hanno un’altezza di circa 60 centimetri (maree molto più alte possono essere osservate solo in baie e canali, come nel caso delle famose maree di Mont Saint-Michel). Ma, oltre ai mari, la gravità di luna e sole deforma anche la crosta terrestre, che si innalza e si abbassa di circa 50 cm ogni 12 ore. Questo effetto, assai meno noto, è reso possibile dal fatto che gli strati profondi del nostro pianeta, in particolare il nucleo esterno, sono formati da ferro e nickel allo stato liquido.

Titano si muove attorno a Saturno in un’orbita ellittica con periodo di 16 giorni, durante i quali la sua forma cambia leggermente a causa della variazione della forza  mareale esercitata da Saturno: Titano si allunga come un pallone da rugby quando è più vicino al pianeta, mentre assume una forma più sferica quando si trova lontano da Saturno. Il cambiamento di forma provoca una ridistribuzione della massa nella luna e quindi un cambiamento nel campo di gravità, che si traduce in variazioni piccole ma misurabili dell'orbita della sonda Cassini.

“La scoperta di maree di così grande ampiezza su Titano conduce all’inevitabile conclusione che ci debba essere un oceano nascosto in profondità” spiega il prof. Iess. “La ricerca dell’acqua è un obiettivo importante nell’esplorazione del Sistema Solare.  Ora possiamo dire di avere localizzato un luogo dove se ne trova in abbondanza”.

Uno strato liquido non deve essere molto profondo per consentire le maree osservate. E’ sufficiente che esso costituisca un mezzo di separazione tra la crosta esterna deformabile e il mantello interno solido permettendo così a Titano di comprimersi e allungarsi lungo la sua orbita intorno a Saturno. Le misure non forniscono la profondità dell’oceano, ma i modelli prevedono che possa raggiungere i 250 km, con una crosta ghiacciata spessa 50-100 km.  Poiché la superficie di Titano, come quella di molte lune del sistema solare esterno, è prevalentemente costituita da ghiaccio d’acqua, l’unica composizione plausibile per l’oceano interno è proprio l’acqua, forse con una piccola frazione di sali disciolti.

La presenza di uno strato di acqua liquida sotto la superficie ghiacciata non implica necessariamente la presenza di vita. Le più recenti ricerche suggeriscono che la vita si sviluppi con maggiore probabilità in regioni dove l’acqua liquida è in contatto con la roccia ed ancora non siamo in grado di sapere se il fondale oceanico di Titano sia costituito di roccia o ghiaccio.

La scoperta dell’oceano aiuta a spiegare per quale ragione la densa atmosfera di Titano sia così ricca di metano (circa il 4%), un gas che viene dissociato rapidamente dalla radiazione e che deve quindi essere ripristinato da una sorgente all’interno del satellite.

“Sappiamo che i laghi di metano presenti sulla superficie non sono sufficienti per spiegare la notevole quantità di metano presente nell’atmosfera. Un oceano può agire da riserva in profondità, liberando il metano in esso disciolto, che migra verso l’alto attraverso la crosta ghiacciata” spiega il prof. Iess.

“Non eravamo sicuri che la sonda Cassini fosse in grado di rivelare le deformazioni causate dall’azione mareale di Saturno su Titano”, dice il dott. Ducci. “La variazione del campo di gravità di Titano durante la sua rivoluzione attorno a Saturno è stata determinata grazie ad una ricostruzione assai precisa dell’orbita di Cassini, resa possibile da misure della frequenza dei segnali radio inviati dalla sonda a terra durante i suoi passaggi ravvicinati a Titano. Queste misure forniscono la velocità della sonda con un’accuratezza di 0.015 mm/s”. L’analisi di sei passaggi di Cassini in prossimità di Titano, tra il 2006 e il 2011, ha permesso di rilevare con notevole precisione l’effetto di deformazione mareale.

“E’ una scoperta eccezionale che dà risposte a molti quesiti sollevati sin dai tempi delle missioni Voyager” aggiunge il coordinatore scientifico dell’ASI, Enrico Flamini “ottenuta con un sistema radio realizzato in buona parte in Italia, capace sotto la guida dei nostri ricercatori di fornire risultati di assoluto livello come questo pubblicato oggi su Science e come quello pubblicato nel 2003 su Nature che confermò  la teoria della relatività generale con una precisione mai ottenuta prima”.

La missione Cassini-Huygens è il frutto di una cooperazione internazionale tra la NASA, l’Agenzia Spaziale Europea e l’Agenzia Spaziale Italiana.